NAMAKI - NICOLA RUSSO

Nicola Russo è un fotografo laureato alla Rome University of Fine Arts (RUFA), interessato alla narrazione documentativa, dove la fotografia diventa uno strumento per esprimere concetti e costruire sensazioni.

Il progetto Namaki nasce da una ricerca personale e profonda: un viaggio fisico e spirituale nelle terre messicane, da cui provengono le radici materne dell’autore.

Il Messico, con la sua aura arcana, esercita una forte attrazione nei confronti di Russo, portandolo ad esplorare il legame che le persone vivono con il mito e le leggende di questa terra. Namaki, che significa "ricerca" in Nauatlh, la lingua degli antichi Aztechi, rappresenta l'essenza stessa del progetto: una continua investigazione visiva e concettuale.



Il lavoro è incentrato sulla ricerca del Chupacabra, una creatura leggendaria che, secondo le testimonianze, succhia il sangue degli animali per sopravvivere. Ma al di là del mito, il Chupacabra in Namaki si fa simbolo di una più ampia riflessione sulla relazione tra l'umanità e la natura selvaggia, tra istinto e cultura. 

Questa creatura mitologica, predatore silenzioso e furtivo, incarna la cruda indifferenza della natura, dove regna la sopravvivenza, senza spazio per la compassione. 
L’essenza del Chupacabra, guidato esclusivamente dal suo bisogno primordiale di nutrirsi, rappresenta una manifestazione tangibile della forza della natura e della sua violenza.

Questo contesto riflette una dualità intrinseca: da un lato, la brutalità palpabile del mondo naturale, dall’altro, la magia e il mistero che emergono dai racconti e dalle leggende popolari, penetrando il tessuto culturale del Messico.

Questa creatura che si muove sul confine di due mondi non è semplicemente una figura mostruosa, ma diventa l’incarnazione dell’incontro col fantastico, con il mistico, ricoprendo il ruolo di una manifestazione occasionale ed evanescente. Il lavoro infatti si sviluppa attorno all'inseguimento di questa creatura, senza mai riuscire a catturarla, ma seguendo le sue tracce: i resti delle sue vittime, i luoghi che ha attraversato e gli incontri con i messicani, che si relazionano al mito e ne rimangono catturati.

L’autore, attraverso questa indagine, riflette sulla natura stessa della ricerca, che non mira a conquistare o possedere l'ignoto, ma ad esplorarlo. In questa storia siamo semplici visitatori, che rincorrono il vento sapendo che è impossibile da imprigionare e, qualora fosse concepibile, non ci sarebbe il desiderio di possederlo, bensì di viverlo e di lasciarsi trasportare.

Il progetto si sviluppa attraverso un linguaggio visivo che sfuma la linea tra verità e immaginazione. Le fotografie giocano con la plasticità della realtà, mostrando come essa non sia una certezza assoluta: la realtà è il nome che diamo ai fenomeni che vediamo, ma ogni persona ha il proprio modo soggettivo di vedere le cose, e sono queste diverse prospettive che rendono il nostro mondo ambiguo.





Per seguire Nicola Russo
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